Per una sera Giorgio De Chirico, il grande maestro della pittura “metafisica” contemporanea, è stato ospite del Circolo Tennis Eur nell’unico modo in cui, a 40 anni dalla scomparsa, avrebbe potuto: cioè attraverso l’esposizione di alcune sue opere e nelle testimonianze delle parole di chi lo ha assistito, studiato, ammirato e commentato in vita.

da sinistra: Paolo Picozza e Vincenzo Vecchio
E’ accaduto venerdì 27 aprile 2018, al Circolo Tennis EUR, grazie alla Conferenza su “De Chirico a Roma”durante la quale il presidente della Fondazione De Chirico, Picozza e lo stampatore “principe” del Maestro durante la sua permanenza nella Capitale, Alberto Caprini, hanno consentito ai numerosi soci presenti di assaporare la profondità ed il significato della sua arte.
Nel ciclo di incontri del CT EUR Cultura, organizzati dal Vice Presidente del CT EUR Bruno Costi, la serata dedicata a De Chirico costituiva un momento esclusivo e di particolare interesse ma poi si è andati anche oltre, con un fuori-programma che ha consentito di svelare un legame intimo tra il Maestro e l’Eur finora semi sconosciuto, come ha testimoniato lo stesso Picozza.
De Chirico non era fascista e non partecipò al progetto razionalista della costruzione dell’E-42 il quartiere che sarebbe poi diventato l’Eur destinato ad ospitare l’Esposizione Universale. Ma il Colosseo quadrato, denominato Palazzo della Civilità e del Lavoro, è frutto del
suo ingegno ed il regime lo copiò – ha sottolineato Picozza – come testimonia la tela nella quale l’artista volle ricordare ai posteri la paternità di quell’opera, ritraendolo con un Gladiatore al centro, a ricordare con perentorietà che l’idea era sua edgli architetti del Regime la copiarono.
Il Presidente della Fondazione ha affascinato la platea con aneddoti , ricordi, spunti biografici e spiegazioni di senso dell’arte del Maestro, che intende raappresentare le cose oltre le cose, con approccio non trascendente ma trascendentale ”perché – ha ricordato citando il Maestro – si vedono cose bellissime ad occhi aperti, ma bellissime cose anche ad occhi chiusi”.
De Chirico, che nutre la sua ispirazione nella classicità greca e poi dei grandi maestri del Rinascimento italiano a Firenze, arriva a Roma in età matura, nel 1944, e qui resterà fino alla sua scomparsa nel 1978.
Ed è con il suo arrivo a Roma che svanisce l’impronta malinconica della sua arte e si fa strada una pittura più gioiosa, forse perché – spiega Picozza – il Maestro ha raggiunto la tranquillità economica e la serenità di chi guarda la vita dall’alto di esperienze appaganti; e poi perchè Roma è la città che meglio di qualunque altra riscontra quel senso di ironia e leggerezza con le quali il Maestro ha imparato a guardare l’esistenza.
A Roma De Chirico incontra Caprini il tecnico che saprà dare alle stampe la produzione artistica litografica con la quale il Maestro raggiunge un pubblico di massa, ma Roma è anche la città che lo accoglie con le sue piccole e disincantate dolcezze: l’aperitivo Punt e Mes al Caffè Aragno, la frittura alla Vecchia Pineta di Ostia. Ed a Roma, in Piazza di Spagna, la sua abitazione ora è la “Casa Museo De Chirico” per merito di Picozza e della sua Fondazione che tengono alto il nome e l’arte del Maestro.
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